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La Calabria vince la battaglia contro il coleottero Aethina tumida: un decennio di ricerca e innovazione per salvare le api

La diffusione dell’infestante degli alveari Aethina tumida è stata contenuta nel territorio calabrese.

Reggio Calabria – Dopo dieci anni di lavoro incessante, studi scientifici all’avanguardia e una rete di collaborazioni internazionali, l’Italia celebra un importante successo nella gestione dell’invasione del coleottero Aethina tumida, una specie aliena che minacciava seriamente il patrimonio apistico nazionale. Un ruolo chiave in questa battaglia è stato giocato dalla sezione calabrese dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, con sede a Reggio Calabria, dove è stato recentemente costruito un insettario sperimentale dedicato allo studio approfondito di questo pericoloso parassita.
Il caso della Calabria si distingue come un modello esemplare di gestione delle specie invasive, grazie a un mix vincente di prevenzione, monitoraggio rigoroso, interventi tempestivi e ricerca scientifica d’eccellenza. La notizia arriva direttamente dal prestigioso Journal of Management of Biological Invasions, che ha pubblicato uno studio dettagliato firmato da Giovanni Federico, Franco Mutinelli, Peter Neumann e colleghi (2025), frutto di una collaborazione tra istituzioni italiane ed europee.

La sfida del piccolo ma dannoso coleottero

Aethina tumida, comunemente noto come “piccolo coleottero dell’alveare” , è un insetto originario dell’Africa sub-sahariana che, fin dal 1996, ha invaso tutti i continenti abitati causando gravi danni alle colonie di api mellifere. Il suo arrivo in Europa è avvenuto nel settembre 2014, quando è stato rilevato per la prima volta in Calabria, precisamente nella piana di Gioia Tauro, vicino a un porto internazionale. Da qui, il coleottero ha trovato terreno fertile per espandersi, raggiungendo anche la Sicilia poche settimane dopo.
Ma la risposta italiana non si è fatta attendere. Le autorità competenti hanno immediatamente attivato un piano di sorveglianza intensiva, compresa la distruzione degli apiari  infestati, l’istituzione di zone di protezione e sorveglianza e il monitoraggio costante attraverso nuclei sentinella. Oggi, a dieci anni di distanza, l’effetto delle attività poste in essere è chiaro: l’invasione è stata contenuta e il coleottero rimane confinato in un’area limitata della Calabria, senza ulteriori diffusioni. Si tratta di un “unicum” nella dinamica di diffusione del coleottero alloctono.

Un insettario per vincere la battaglia scientifica

Uno dei punti forti del piano di gestione è stato lo sviluppo di attività di ricerca sperimentale presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Reggio Calabria. Qui è stato costruito un insettario sperimentale con caratteristiche di biocontenimento, un ambiente controllato per studiare biologia e comportamento del coleottero e testare metodi diagnostici e  sistemi di controllo. L’insettario rappresenta oggi un centro nevralgico per comprendere meglio il nemico invisibile delle api e prepararsi a possibili emergenze future.
“L’obiettivo principale era capire come fermare la diffusione del coleottero e preservare il nostro patrimonio apistico”, spiega Franco Mutinelli, Direttore del Centro di Referenza Nazionale dell’Apicoltura (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie) e coautore dello studio. “Grazie alla ricerca condotta anche nell’insettario di Reggio Calabria, siamo riusciti a individuare misure efficaci di contenimento e abbiamo dimostrato che, se agiamo in fretta e in modo coordinato, possiamo evitare che una specie invasiva diventi un problema irreversibile.”

Strategie innovative e collaborazione tra apicoltori e scienziati

Tra le strategie adottate, quelle più originali includono l’utilizzo di trappole specifiche e il posizionamento di nuclei sentinella lungo i confini delle aree infestate. Questi nuclei permettono di monitorare in tempo reale eventuali nuove incursioni del coleottero e di intervenire tempestivamente. Altrettanto determinante è stato il coinvolgimento degli apicoltori locali, che hanno ricevuto supporto finanziario e formativo per adottare pratiche di prevenzione e segnalare tempestivamente eventuali infestazioni. Nonostante le difficoltà iniziali legate alla burocrazia e alle compensazioni economiche, il rapporto tra scienza e territorio si è rivelato fondamentale per il successo dell’operazione.

Un modello replicabile per il futuro

Il caso italiano mostra che è possibile contenere o addirittura eradicare una specie invasiva, purché si intervenga rapidamente e si adottino misure mirate. Secondo gli autori dello studio, il modello calabrese potrebbe essere replicato in altre aree geografiche colpite da Aethina tumida o da altre specie aliene.“Questo risultato non solo protegge il nostro Paese, ma contribuisce a salvaguardare il sistema apistico europeo”, conclude Peter Neumann, Professore dell’Università di Berna e coautore dello studio. “La Calabria ha dimostrato che la ricerca scientifica e la collaborazione tra istituzioni e comunità locale possono fare la differenza.”

Verso un futuro sostenibile per l’apicoltura

Oggi, grazie al lavoro svolto negli ultimi dieci anni, l’Italia può guardare al futuro con maggiore sicurezza. Ma il rischio di nuove invasioni resta sempre in agguato, soprattutto in un contesto globale caratterizzato da cambiamenti climatici e crescenti movimenti di merci e persone. Per questo motivo, proseguire la ricerca, investire su infrastrutture come l’insettario di Reggio Calabria e mantenere alta la vigilanza è essenziale per tutelare il prezioso lavoro delle api e l’economia che ne deriva.
La Calabria, cuore pulsante dell’apicoltura meridionale, si conferma così non solo una regione vocata alla produzione di miele di qualità, ma anche un punto di riferimento mondiale nella lotta ai parassiti apistici.